(TRATTO DA UN DISCORSO DEL PROF. GIAN BATTISTA VAI, ORDINARIO DELL’UNIVERSITA’ DI BOLOGNA E DIRETTORE DEL MUSEO GEOLOGICO “GIOVANNI CAPPELLINI”)
Carlo Fornasini fu una personalità di spicco sia a Poggio Renatico, di cui fu anche sindaco per circa trent’anni, sia nel panorama scientifico internazionale.
Profondo fu il suo attaccamento al paese: si pensi che nel 1902 donò alla comunità il terreno su cui venne edificata la chiesa abbaziale, mentre la madre Carolina Ferraresi Fornasini fece erigere a sue spese la cappella della Beata Vergine del Rosario.
Meno conosciuta è invece la levatura scientifica e accademica del micropaleontolo Carlo Fornasini, che fu studioso brillante: fu peraltro fra i fondatori della Società Geologica Italiana a Bologna nel 1881, del cui consiglio di presidenza fu più volte componente.
Un significativo contributo alla comprensione e alla valorizzazione di questo fondamentale aspetto della vita di Carlo Fornasini viene da uno studio condotto dal professor Gian Battista Vai, direttore del Museo Geologico Giovanni Capellini di Bologna, curato dal dottor Marco Tolomelli.
Ne riportiamo di seguito l’introduzione:
“Giovanni Capellini (1833-1922), titolare della cattedra di geologia a Bologna per oltre 50 anni, per gran parte della sua carriera ebbe come assistenti Lodovico Foresti (1829-1913) e Carlo Fornasini (1854-1931). A loro tra il 1906 e il e il 1910 si aggiunse Michele Gortani (1833-1966) che sarebbe succeduto a Capellini alla cattedra di geologia nel 1924.
Mi sono sempre chiesto per quale motivo nel Museo Geologico Giovanni Capellini, oltre ai numerosi busti e medaglioni in gesso di stampo ottocentesco, ci sia anche una imponente lapide marmorea con ritratto in bronzo ed epigrafe celebrativa di Carlo Fornasini (nella foto). Quei gessi ricordano i massimi esponenti e pionieri della geologia (Beccari, Mattioli, Nesti, Mercati, Spallanzani, Cisalpino, Soldani, Micheli, Stesone, Cuvier, Viviani ) non a caso associati a quelli del titolare del Museo (in giovane età, in età matura e nella lunga canizie) e a quelli esposti in altra sala di Aldrovandi, Cospi, Marsili e Linneo.
I due assistenti sono stati certo valenti paleontologi, l’uno dei molluschi, l’altro dei foraminiferi, formati alla insigne scuola paleontologica bolognese degli Aldrovandi, Monti, Beccari, Bossi e Ranzani, tanto da meritare una breve citazione nel repertorio internazionale di Sarjeant (1880).
Eppure la personalità ingombrante e iperattiva del minuscolo Capellini in campo scientifico e organizzativo li aveva sostanzialmente relegati in secondo piano, salvo ricercarne il contributo nel momento del bisogno. Ci si sarebbe aspettati quindi un silenzio post-mortem ancor più assordante di quello non meritato in vita. Perché allora nel Museo Capellini a Fornasini viene riservata una visibilità che fa quasi concorrenza qualitativa se non quantitativa a quella del titolare?
Credo di aver trovato risposta adeguata in una nota di Michele Gortani all’Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna letta nel 1928, tre anni prima della morte di Fornasini e a sei anni dalla morte di Capellini (Gortani 1928, Rend.R.Acc.Sc.Bologna, 32, p. 151-156). Vi si dice, col linguaggio schietto e rigoroso del montanaro carnico e strenuo irredentista, “che il Maestro aveva portato via al suo più promettente scolaro, Carlo Fornasini, il piacere e il vanto di annunciare la scoperta della ricca località fossilifera e i risultati dello studio di essa”.
Si trattava della tesi di laurea del giovane Carlo Fornasini sui gessi e le formazioni di argille sovrastanti di Monte Donato e San Ruffillo nelle colline Bolognesi. La tesi documentava quelle argille essere plioceniche, mentre esse apparivano come mioceniche nella carta geologica di Capellini, che aveva fatto li giro del mondo per il Congresso di Antichità Preistoriche del 1871 e l’avrebbe fatto di nuovo per quello del 1881.
Era il 1877 e Fornasini aveva ottenuto la laurea con lode in scienze naturali, evidentemente col beneplacito di Capellini, che poi, come accadeva spesso ad altri baroni, aveva capitalizzato il lavoro del suo appassionato studente per averne subito un’altra pubblicazione. Il cattedratico si fidava; aveva tanti impegni cittadini, nazionali, internazionali; curava in maniera attenta le lezioni; ma non riusciva a dedicare sufficiente attenzione a tutti gli argomenti scientifici che lo incuriosivano o che riteneva utili. Forse non aveva neppure la caratura del grande scienziato come, invece, l’aveva eccezionale del promotore di politica scientifica. Anche questo apologo negativo, fornito dalla testimonianza di Gortani, mi conforta sulla fondatezza del giudizio che ho più volte espresso: i successori di Capellini a Bologna lo hanno superato per qualità scientifica, ma non hanno mai potuto competere con le sue capacità di produttore di opere e di eventi.
Foresti era fratello della prima moglie di Capellini, Ginevra, morta in conseguenza del primo parto nel 1868, e seguita nella tomba dal figlioletto pochi mesi dopo. Foresti era più anziano di Capellini, era di rara modestia e di alta passione scientifica espressa anche in acquisti di collezioni preziose e di libri per il Museo. Anche per la scrupolosità e lentezza delle sue pubblicazioni, Capellini non poteva sfruttarlo ulteriormente (salvo poi aggiungere il suo nome in qualche scritto del cognato).
Fornasini, invece, non era parente, era più giovane, assai più produttivo e, se possibile, ancor più modesto di Foresti. E questo facilitava i soprusi capelliniani. Viene descritto di “indole metodica” e di “vivido ingegno” e animato da “costante anelito alle idealità superiori”. Un vero ricercatore.
E’ il trait d’union ideale, fatto apposta per mantenere lustro e dare continuità alla scuola micropaleontologia bolognese nata, prima al mondo, con Jacopo Bartolomeo Beccari ai primi del Settecento e continuata mantenendo rilevanza globale nel Novecento con Selli, Emiliani, Sartoni e Colalongo.
Da fedeli assistenti, Foresti e Fornasini accompagnano e sostengono il professor Capellini nelle occasioni cruciali. Eccoli con lui tra i fondatori della Società Geologica Italiana (SGI) a Bologna il 28 e 29 Settembre 1881; eccoli assidui presentatori di note alle sedute e alle adunanze estive della stessa società; eccoli fra i membri italiani partecipanti alle Sessioni del Congresso Geologico Internazionale che vedono prim’attore Capellini. Ma fra i due, quello che emerge, nonostante la modestia di carattere, è Carlo Fornasini, più volte membro del Consiglio di Presidenza della SGI, nel 1884 con Stoppani, nel 1886 con Capellini, nel 1887 con Cocchi, sempre in funzione di vice-segretario, tanto da diventare infine socio benemerito della SGI.
Contemporaneamente, Fornasini assumeva una posizione eminente fra i paleontologi e diveniva una autorità mondiale nello studio dei foraminiferi. Continuò a sopportare l’invadenza egocentrica e le appropriazioni scientifiche di Capellini sino alla fine dell’Ottocento, dimostrando nobiltà d’animo e amore della scienza e del buon nome di Bologna. Ma nel 1911, per ragioni di salute, troncò attività e pubblicazioni. Il suo ultimo atto di amore fu rivolto al Museo che dal 1911 era già intitolato ufficialmente a Giovanni Capellini. Consistette nella donazione al Museo della biblioteca paleontologica personale e delle collezioni studiate, donazione avvenuta due anni prima della morte.
Fin dall’elogio funebre Gortani (1932, Boll.SGI, 51, p.xxxv-xliii) volle ristabilire la verità sulle paternità scientifiche reali e le altissime competenze di Fornasini, confermandole poi nella sua opera principale sulla storia della geologia (Gortani 1963, Journal of World History, 7,2,p.503-519, Italian pioneers in geology and mineralogy).
Ecco allora chiarita la curiosità sulle ragioni della lapide di Fornasini al Museo Capellini. Essa è certamente dovuta a Michele Gortani, nuovo cattedratico di geologia a Bologna e direttore del Museo Geologico Giovanni Capellini, in segno di riparazione e di omaggio all’insigne micropaleontologo, assurto alla compagnia dei grandi della geologia. Ci resta solo di trovare un documento per conoscere quando ciò sia avvenuto”.
Lo studio prosegue fornendoci altre informazioni:
“Probabilmente prima di laurearsi ebbe modo di farsi notare nel campo delle Scienze Naturali come una delle poche persone non (ancora) inserite nel mondo Universitario donando al Museo di Storia Naturale durante la ristrutturazione partita nel 1860 e al Museo di Geologia e Paleontologia in seguito non solo “sue” collezioni ma anche quanto nei suoi viaggi nel Nord Europa e nell’Africa Sud Orientale aveva incontrato di interessante “per lo sviluppo della Scienza”. Grazie a Lui si amplia la possibilità dello studio degli Aracnidi in Italia, dando la possibilità al Prof. Pietro Pavesi di porsi come uno dei nuovi studiosi a livello Italiano e mondiale sul tema.
Il Museo di Zoologia di Bologna ha ancora almeno due vetrine con gli animali raccolti e riportati a Bologna dal Mozambico da Fornasini, su cui studiarono almeno due generazioni. Infine, almeno in questo rapido elenco, occorre citare il lavoro sulle Cicadee “attuali” sviluppato grazie ancora ai prelievi in Mozambico del Cavaliere Fornasini, che diede la possibilità ad un altro professore, botanico, Giuseppe Bertolini, di illustrare diverse specie di piante Mozambicesi e per primo descrivere la Cicadea che ancora oggi esiste ed è chiamata Encephalartos ferox. Per il Museo “Giovanni Capellini” Fornasini spese molte delle sue energie, fino all’esaurimento forse a causa di una “nevrastenia gastrica” (sue parole) che non lo fece più uscire dalla sua bella casa bolognese di Via Lame 24 dopo il 1910 e donò tra le altre cose alcuni oggetti ancora ammirati nel Museo, per esempio uno dei due esemplari, provenienti dalla Germania, di Ittiosauro, rettile marino giurassico (più di 90 milioni d’anni fa)”.